Romanzi

La vita dispari

La vita dispari Book Cover La vita dispari
Paolo Colagrande
Narrativa
Einaudi

Buttarelli vive a metà, sul lato destro del mondo e dei testi scolastici. Il lato sinistro gli risulta indecifrabile, più che oscuro e totalmente incomprensibile. La sua vita rocambolesca, sempre in bilico tra stabilità e rovina, si srotola a partire dalla strada in cui tutto, o quasi, ha avuto inizio: via Furio Muratori. 

2.5

Recensione

Grandissima agenzia letteraria e superlativo editore vistano l’ultima fatica editoriale di Paolo Colagrande, il romanzo “La vita dispari”, sbarcato da pochi mesi nelle librerie.
La vita di Buttarelli, il protagonista, cade sotto le lenti d’ingrandimento di un microscopio impietoso che ne analizza le particolarità e le singolarità, come si farebbe con un morbo sconosciuto, raro e potenzialmente pericoloso.
L’infanzia del protagonista si muove in due mondi chiusi entro confini invalicabili, come recitano i cartelli sulle recinzioni dei siti militari. Il primo di questi microcosmi è rappresentato dagli istituti scolastici. Istituti d’altri tempi, in cui gli alunni erano tenuti ad assoggettarsi a un’infinito elenco di regole precise e divieti assoluti senza possibilità di appello e dignità di parola. Strutture le cui direttrici, forse, mancano solo del bastone cerimoniale e degli stivali in cuoio lucido per trasformarsi in spietati e crudeli feldmarescialli. Il secondo ambito angusto è la casa familiare, le cui pareti riflettono l’ombra, più che la presenza, di una madre vedova, riservata e sottilmente distaccata. L’inusualità, se non l’eccezionalità, di Buttarelli, Buz per gli amici, consiste nel non riuscire a dipanare e, pertanto, comprendere i caratteri stampati sulla pagina sinistra di tomi scolastici, quaderni o libri. Quello che oggi verrebbe classificato, in primis, come pigrizia nello studio e, per certo, accompagnato da infinite note scolastiche, diviene via via più indirizzato verso uno tra i tanti disturbi dell’apprendimento, oggi molto di tendenza. Ma, terminati gli studi, la vita del protagonista piega in stereotipi tanto evidenti quanto perspicui. La penna di Colagrande mostra la propria sagacia nel gioco di parole, nel raggiro del groviglio, nella ripetizione di lemmi che vogliono turbare il lettore comune, ma che strizzano intelligentemente l’occhio ai meno invece che ai più. Detto in parole povere: sono indirizzate meramente a un pubblico dotto, letterato e a rari e sparuti manipoli di lettori che, equipaggiati di un buon bagaglio culturale, scorrono le righe con rapidità. Per tutti gli altri c’è sempre il vecchio, caro e, purtroppo, desueto vocabolario dei sinonimi e dei contrari.

Una scrittura intensamente maschile, che usa i cognomi e, di sovente, anche i soprannomi, che, come marchiature a fuoco, collocano i diversi personaggi in una prospettiva gravida di causticità.
Un lessico aulico, colto e tagliente caratterizza lo stile narrativo col quale Colagrande dipana le varie matasse nelle quali sono avvolte sia la trama principale sia le sottotrame.
Il protagonista, dapprima enfatizzato nella personale disfunzionalità, smarrisce tra le increspature del percorso di formazione quella connotazione originale per diventare vagamente piatto, sino a trasformarsi in comparsa della e nella sua stessa vita.
Ambientazioni cucite ad hoc: tabaccherie, bar, vie, osteria che sembrano scandire una successione di eventi poco eclatanti che rimbalzano sulle bocche dei presenti, i quali, come nelle migliori tradizioni orali, aggiungono o tolgono, a seconda della personalità e della svolta che sono chiamati a imprimere al percorso narrativo.
Personaggi secondari a volte grotteschi, a volte inusuali, a volte simili a oggetti d’arredo, che popolano locali e luoghi senza una convinzione radicata o un perché.
I personaggi femminili, per i quali vorrei spendere qualche parola, o sono fustigati con sarcasmo, o risultano evanescenti come ectoplasmi, o sono imbrigliati in schemi totalitari che, sinceramente e al giorno d’oggi, risultano indigeribili.
Un narratore onnisciente e anonimo, che a sua volta ha appreso fatti e fatterelli dallo zio, guida il lettore attraverso il percorso umano di Buttarelli e lo invita nel luogo dove tutto prende vita, via Furio Muratori.
I paragoni con Woody Allen, del quale, da modesta lettrice, ho letto alcune opere, sono strillati sulla quarta di copertina. Nero su bianco. Come recitava, diversi anni fa, l’antesignano di tutti i moderni imbonitori televisivi: provare per credere.

“La vita dispari” ha conseguito il Premio Selezione Campiello – Giuria dei Letterati 2019

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