Romanzi

Non sono stato io

Non sono stato io Book Cover Non sono stato io
Daniele Derossi
Romanzo
Marsilio Editori

A seguito di un lutto e della separazione dal marito, lo scienziato pakistano Bashir, Ada parte da Londra per fare ritorno al proprio paese natio, Serana (Alta Val di Susa), insieme al piccolo Giacomo, suo figlio. Concentrata su se stessa e sul desiderio di riappropriarsi di una vita che sente sfuggente, Ada presterà poca attenzione al figlio, lasciandolo in balia di se stesso e della forte difficoltà di inserimento in un luogo estraneo e a tratti ostile. Con un amico misterioso dai capelli fulvi, il piccolo Giacomo entrerà in un mondo sinistro e pauroso nel quale i giochi diventeranno ogni giorno più pericolosi e i limiti sempre più labili. I boschi, teatro delle scorribande di Giacomo e del suo amico immaginario, nascondono un castello in rovina una volta appartenuto a un negromante. Scovare la porta che conduce ai sotterranei diventa un rituale morboso e fortemente minaccioso. Riuscirà Ada a risvegliarsi dal torpore che le attanaglia il cuore e la mente e a correre in soccorso di suo figlio?

3.5

Recensione

Negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione.
Queste sono le cinque fasi attraverso le quali la letteratura scientifica spiega il lungo e necessario percorso che conduce all’elaborazione di un lutto.
Ed è all’interno di queste dolorose fasi che l’autore, Daniele Derossi, colloca i due protagonisti sgorgati dalla sua penna e posti al centro del suo recente romanzo, “Non sono stato io”.
Da un lato Ada, smarrita dagli eventi che hanno travolto e distrutto tutto ciò che aveva costruito. Una donna devastata e, pertanto, persa nei meandri della propria mente che, in modo incessante, richiama domande alle quali è impossibili e financo deleterio rispondere. Una donna che chiede aiuto con modi e atteggiamenti anche autolesionistici volti a ottundere una coscienza della quale vorrebbe perdere traccia. Una donna che a seguito della perdita della secondogenita vorrebbe disperatamente tornare alla normalità contenuta nella monotonia del suo paese d’origine e nel lento scorrere di giorni sempre uguali.
Dall’altro il piccolo Giacomo, primogenito di Ada, fragile come un castello di carte in precario equilibrio ed esposto e sanguinante come una ferita. Un bambino introverso lasciato a se stesso, abbandonato nel proprio malessere, nel proprio dolore, nel proprio instabile esistere. Un bambino che per risorgere e riappropriarsi del proprio presente fantastica sino a creare un amico immaginario al quale appoggiarsi, al quale confidare le proprie paure e col quale tornare a essere ciò che è: un bambino.
Ma l’amico scaturito dalla mente di Giacomo si espande in lui, sempre di più, con insolenza, insistenza, cattiveria, sino a trascinarlo in un mondo ignoto e spaventoso, nel quale nessuno vorrebbe trovarsi. E questo amico dai capelli fulvi spinge Giacomo sull’orlo di un abisso esoterico e sinistro stretto tra le antiche e diroccate mura del castello che domina l’apparentemente quieta e verdeggiante Serana, in Alta Val di Susa.
Con il baratro a fauci aperte, pronto a inghiottire il figlio, Ada si desterà riscoprendo ciò che aveva dimenticato di essere: una madre.

Atmosfere tese, oserei direi hitchcockiane, aleggiano tra le righe e scuotono il lettore trascinandolo in una narrazione multiforme e mai scontata che, a tratti, toglie il respiro.
Protagonisti veri, apparentemente strappati al quotidiano, quasi conoscenti che si incontrano sul pianerottolo o nel cortile della scuola, ai quali si rivolge un cenno di saluto e ai quali si vorrebbe prestare sostegno.
Personaggi secondari variopinti, ben collocati nel contesto cosi come nelle tante sfaccettature che li seminano in realtà lavorative, caratteriali e affettive.
Piccola nota personale: ho adorato Mariella, che ho soprannominato rivoluzionaria al caviale. Amica d’infanzia della protagonista è un personaggio crudo, diretto, sincero sino al limite dell’offesa, impossibile da fraintendere. Chi non vorrebbe un’amica così?
Lessico esaustivo, conciso e sintetico imprimono un’impronta graffiante, particolarmente mascolina, a ogni piega dell’ordito.
Sfuggente e poco accattivante, a mio giudizio, la copertina che non richiama alcuna tematica presente nel romanzo.
Seconda piccola nota personale: non ho trovato refusi. Ne deduco che qualche correttore di bozze attento e scrupoloso sia ancora in circolazione. Ora che sappiamo che non sono estinti, speriamo si moltiplichino!

Commenti

    • Grazie a lei, Daniele, sia per il suo commento sia per l’apprezzamento.
      Ricevere il gradimento direttamente dall’autore è oltremodo piacevole.

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